Dal primo gennaio 2024 avere anche pochi euro di rosso sul proprio conto corrente può avere conseguenze negative davvero pesanti.
Come se non bastasse la crisi imperante collegata alla situazione pandemica e alla relativa chiusura di attività, la nuova normativa europea sul conto corrente in rosso è andata a colpire il nostro paese (e non solo) sotto questo punto di vista.
In questo articolo cercheremo di capire cosa significa “andare in rosso” per poi cercare di comprendere come, questi nuovi regolamenti, influiscono le attività delle piccole e medie imprese italiane.
Secondo le nuove norme 2024, basta avere il conto in passivo di appena 500 euro per considerare un cliente moroso.
Se ciò è già di per sè molto limitante, va poi considerato che i conti che avranno superato tale soglia, non potranno più avere addebiti automatici.
Se per un cittadino comune questa novità può essere quasi irrilevante, non è così per gli imprenditori. Un’impresa infatti, alle prese con molti pagamenti, deve dunque non fare i conti solo con la crisi, ma anche con margini alquanto ristretti per quanto concerne il passivo sul conto corrente.
Un conto corrente in rosso, per esempio, che riceve un credito dallo stato (molto spesso un vero e proprio “cattivo pagatore”), non potrà ottenere l’accredito. Questo verrà dunque “rispedito al mittente” perdendosi in una giungla burocratica, che dilaterà ulteriormente i tempi per ricevere tale somma.
Vedi anche le Migliori banche per protestati e cattivi pagatori, Carte prepagate con IBAN per cattivi pagatori e segnalati CRIF o le alternativi al conto corrente per protestati.
Una situazione grottesca che, nonostante lo schieramento in campo di giuristi, economisti e altri professionisti, non sembra essere altro che l’ennesima mazzata per liberi professionisti e piccole-medie imprese.
Quando il bilancio del nostro conto corrente diventa negativo, questo viene definito “in rosso”. Ovviamente, si tratta di una condizione molto spiacevole, che ha delle ripercussioni.
Lo stato passivo del conto ha, come primo evidente effetto, il blocco di operazioni bancarie come:
Nonostante ciò, almeno fino al termine dello scorso anno, le banche erano relativamente tolleranti per quanto concerne i conti in rosso, a patto che questo status fosse occasionale e con passivi di bassa entità.
Ovviamente, questa “elasticità” ha un prezzo a livello di mora. Questa viene scontata una volta che il conto torna in attivo o, previa accettazione di tale operazione, attraverso il saldo da un eventuale altro conto corrente con lo stesso titolare.
Ma cosa succede se il rosso aumenta o, nel medio-lungo periodo, non si torna in attivo? A una serie di diffide, via posta e/o telefonica, la banca comincia ad agire in maniera molto più decisa.
Oltre alla revoca di tutti i servizi legati all’istituto, come carte di credito e bancomat, si può incorrere anche in una segnalazione presso la Centrale Rischi. Ciò può comportare una serie di problemi per quanto riguarda il futuro del correntista, come l’impossibilità di chiedere prestiti.
Per garantire una maggior elasticità in ottica rosso, le banche offrono un servizio piuttosto comune chiamato fido.
Attraverso questo strumento finanziario, la banca offre una soglia di tolleranza per quanto concerne il passivo, che può essere più o meno elevato a seconda dell’istituto (si parla di migliaia di euro). Ovviamente, una volta superata la soglia di tolleranza, i rischi sono i medesimi di un comune conto in rosso.
La richiesta di un fido bancario di per sé è piuttosto semplice. Basta presentare un’apposita domanda attraverso un modulo apposito presso una qualunque filiale della propria banca. L’istituto dunque, procede con la verifica dei dati e del passato del richiedente.
Se lo status del correntista non ha precedenti spiacevoli, il fido viene solitamente concesso con tempistiche alquanto ristrette.
Oggi, grazie alla tecnologia ci sono sempre più soluzioni per il consumatore; tra le migliori soluzioni al problema del conto in rosso ci sono: